terça-feira, 16 de junho de 2009

L'ascolto del Minore

XXVII CONVEGNO NAZIONALE AIMMF

"Il giusto proceso e la protezione del minore”

Brescia, 23-25 ottobre 2008
Gruppo di lavoro: L'ascolto del minore (a cura della dott.ssa E Ceccarelli e della dott.ssa B. Biancardi)


L’interesse superiore del minore deve essere perseguito in tutti i procedimenti che lo
riguardano sia civili che penali di competenza del giudice minorile, intendendosi per tale non
solo il Tribunale per i Minorenni ma anche il Tribunale Ordinario quando si occupa di
minorenni: sia per deciderne l’affidamento in occasione della separazione o divorzio dei
genitori, sia per assumere provvedimenti di tutela della sua persona o del suo patrimonio, di
competenza del Giudice Tutelare (art. 320 segg., 343 segg. Cod.Civ., art.12 legge
n.194/1978, art.3 legge n.1185/1967)
Il principio trova fondamento prima che nel nostro diritto, nella normativa internazionale che
lo afferma esplicitamente e che richiede altresì la partecipazione e l’espressione dell’opinione
del minore nei procedimenti come strumento per attuare il suo superiore interesse.
Nel nostro diritto, prima di essere richiesto esplicitamente dalla legge n 54/2006, l’ascolto del
minore è stato oggetto di particolare attenzione da parte della magistratura minorile
nell’ultimo decennio ma se ne discuteva da tempo anche tra gli studiosi 1
1) La normativa internazionale
La Convenzione sui diritti del fanciullo dell'ONU (New York 20 novembre 1989) ratificata
con legge 27 maggio 1991 n. 176, prevede che deve essere riconosciuto al fanciullo capace
di formarsi una propria opinione, il diritto di esprimerla “dovendosi dare ad essa il giusto peso
relativamente alla sua età e maturità”; quindi, in ogni procedura che lo riguarda, egli deve
essere ascoltato, direttamente o indirettamente, “per mezzo di un rappresentante o di
un’apposita istituzione” (art.12).
Analoghe disposizioni sono state adottate a livello europeo.
 La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione (Nizza 7 dicembre 2000) afferma che i
bambini possono esprimere liberamente, sulle questioni che li riguardano, la propria
opinione che viene presa in considerazione in funzione della loro età e maturità
 La Convenzione sull'esercizio dei diritti dei fanciulli (Strasburgo 25 gennaio 1996)
ratificata con legge 20 marzo 2003 n. 77, contiene norme di immediata applicazione
nel diritto interno:
· l’art.3 riconosce ai fanciulli aventi capacità di discernimento e purchè le informazioni
non siano pregiudizievoli per il loro benessere, un triplice ordine di diritti: diritto
all’informazione, diritto all’ascolto, diritto all’informazione degli effetti della decisione,
· l’art.4 riconosce al fanciullo il diritto di chieder, personalmente o tramite altre persone o
organi, la designazione di un rappresentante speciale nelle procedure che lo
concernono, qualora il diritto interno privi i genitori della sua rappresentanza a causa
di un conflitto di interessi con lui; un rappresentante speciale (se del caso un
avvocato) può anche essere nominato dall’autorità giudiziaria (art.9),
1 A.M. Dell’Antonio, Ascoltare il minore, Giuffrè, Collana di psicologia sociale e clinica, 1990.
2
· l’art.6 stabilisce che l’autorità giudiziaria nella formazione delle decisioni deve :
- preliminarmente accertarsi della completezza delle informazioni in suo possesso ed
in possesso del minore,
- se necessario consultare il minore, direttamente o tramite altre persone o organi, se
necessario in privato, con una forma adeguata alla sua maturità, permettendogli di
esprimere la propria opinione,
- tenere in debito conto l’opinione del minore da cui il giudice potrà certamente
discostarsi nella decisione, ma non senza averla presa in considerazione e
motivatamente valutata.
 La Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei diritti dell’uomo e della
sua dignità riguardo all’applicazione della biologia e della medicina (Oviedo, 4 aprile
1997) ratificata con legge 28/3/2001 n.145 prevede (art.6) che l’opinione del
minorenne deve essere presa in considerazione in modo via via più determinante in
funzione della sua età e del suo grado di maturità.
 Il Regolamento Europeo n.2201/2003 del Consiglio d’Europa (c.d. Bruxelles II-bis)
relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia
matrimoniale e di responsabilità genitoriale (che abroga il Reg.CE n.1347/2000)
prevede l’audizione del minore come uno dei requisiti per il riconoscimento e
l’esecutività negli altri paesi europei di decisioni attinenti al diritto di visita e il ritorno
del minore in caso di sua sottrazione (art.23,41,42) Il minore deve essere ascoltato nei
procedimenti che lo riguardano salvo che ciò appaia inopportuno in ragione della sua
età e del grado di maturità. Non è necessario che sia sentito in giudizio ma il suo
parere deve essere raccolto da un’autorità competente secondo il diritto interno.
2) La normativa nazionale
a)L’ascolto dei figli minorenni nelle controversie tra genitori per il loro affidamento
davanti al TO e al TM
L’ascolto dei figli minorenni da parte del giudice, non contemplato nelle norme del codice
civile sulla separazione, fu introdotto dalla legge sul divorzio (n.898/1970 modificata dalla
n.74/1987) che prevedeva che il giudice li sentisse, ove lo ritenesse “strettamente
necessario, anche in considerazione della loro età”.
Il nuovo art. 155 sexies Cod.Civ. introdotto con la legge n 54/2006 sull’affidamento condiviso
prevede invece l’ascolto del minore come uno degli adempimenti dovuti del giudice che
“dispone l’audizione del figlio minore che abbia compiuto i dodici anni e anche di età inferiore
ove capace di discernimento”.
Nel testo del progetto unificato l’ascolto era rimesso alla valutazione discrezionale del giudice
ed era assimilato ai mezzi di prova (“può assumere… mezzi di prova, nonché, salvo che
particolari ragioni lo sconsiglino, l’audizione dei figli minori”).
Questa impostazione fu subito criticata rilevando che sarebbe stato “estremamente
pericoloso considerare le dichiarazioni del minore come fonte di prova magari ‘a carico’
dell’uno o dell’altro genitore” e si osservò che “sarebbe stato molto meglio introdurre una
norma a parte in cui si affermasse che il minore capace di discernimento ha diritto di essere
ascoltato dal giudice, eventualmente affiancato da esperti”2
2 cfr. le osservazioni al testo della legge allora in discussione, formulate dal Consiglio Direttivo dell’AIMMF in data
21/2/05
3
Il testo definitivo della norma limita la discrezionalità del giudice, ma pone una cesura rispetto
alla previsione della facoltà di assumere anche d’ufficio mezzi di prova il che rende anche
lessicalmente più evidente che l’audizione non può essere considerato un mezzo di prova 3.
a.1 Ascolto obbligatorio o facoltativo?
Dalla tassativa indicazione della norma, al momento della sua entrata in vigore gli interpreti
hanno desunto in generale l’esistenza di un obbligo del giudice di ascoltare il figlio
minorenne, escluso solo dalla mancanza della capacità di discernimento per chi abbia meno
di dodici anni, da valutarsi da parte del giudice assistito se necessario da un ausiliario
esperto o da un CTU .
Si è inoltre ritenuto necessario che l’audizione fosse condotta dal giudice personalmente,
salva la sua facoltà di farsi assistere da esperti in psicologia dell’età evolutiva, ai quali tuttavia
l’incombente non potrebbe, secondo alcuni, essere delegato.
Non sono mancate tuttavia interpretazioni diverse nel senso che il giudice potrebbe sempre
valutare l’opportunità di omettere l’audizione quando vi fosse accordo tra i genitori (valutato
positivamente dal giudice) o quando la loro controversia fosse solo patrimoniale o soprattutto
se ascoltare il minore risultasse pregiudizievole per lui . In tutti questi casi si ritiene
necessaria una esplicita motivazione della scelta di ometter l’ascolto.
I giudici dei tribunali ordinari sembrano orientati in questo senso, di maggior cautela
nell’approccio al minore, dettata verosimilmente da scarsa consuetudine e da difficoltà
relazionali connesse al ruolo, ma anche dalla consapevolezza dell’inadeguatezza della
struttura giudiziaria e del contesto processuale rispetto alle esigenze dei minori.
Invece i giudici minorili (ma non mancano eccezioni) sono in generale più propensi
all’ascolto. Esso secondo una prassi diffusa è delegato ai giudici onorari che vengono
ritenuti, per la specifica competenza nel campo psico-pedagogico più attrezzati
all’incombente.
La delega generalizzata riceve però critiche da parte di chi ritiene che il giudice togato
minorile in quanto specializzato non possa sottrarsi al contatto con il soggetto al quale
principalmente il suo intervento si riferisce. Una ragionevole via di mezzo è seguita da chi
applica la compresenza di giudice togato e onorario a cui corrisponde, nei tribunali ordinari, il
ricorso del giudice a un ausiliario esperto di psicologia infantile.
a.2 Contenuto processuale dell’ascolto
Come è stato già accennato l’ascolto del figlio nelle procedure separative e di affidamento
non è finalizzato ad acquisire elementi istruttori, bensì a garantire al minore da un lato il diritto
di esprimere bisogni e desideri, dall’altro il diritto di essere informato dal giudice sui termini
della controversia in cui è coinvolto, in modo che venga limitata la confusione che può
derivare da informazioni parziali e interessate fornite dai genitori in lite tra loro.
Il minore non può essere testimone nel processo e non deve essere sentito su fatti specifici
riguardanti la vita familiare; non può essere applicato lo schema processuale ordinario in
base al quale le parti possono dedurre e controdedurre prove testimoniali.
Men che meno è pensabile di applicare al minore le norme sull’interrogatorio della parte,
poiché nel procedimento in questione le parti sono solo i genitori, mentre il figlio è il soggetto
al centro del giudizio, i cui diritti ed interessi devono essere considerati preminenti su quelli di
tutti gli altri soggetti processuali
3 L’art.155 sexies recita :”Il giudice può assumere, ad istanza di parte o d’ufficio, mezzi di prova. Il giudice dispone inoltre
l’audizione del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore, ove capace di discernimento”
4
L’incontro del giudice con il minore ha lo scopo di conoscerlo e di farsi conoscere, di
informarlo e di ascoltare le sue esigenze e i suoi desideri, salvo che non sia disponibile a
esprimerli; l’esperienza insegna che i bambini e i ragazzi, specie in situazioni di difficoltà
familiare, preferiscano mantenere un atteggiamento scarsamente disponibile 4.
a.3 Ascolto del figlio e garanzie di difesa dei genitori
Nell’ascoltare il minore non si può dimenticare la particolare relazione che esiste tra lo stesso
e i suoi genitori, densa di conseguenze anche sul piano processuale per cui dovrà essere
garantita innanzi tutto la spontaneità delle dichiarazioni.
Si è posto quindi il problema della presenza all’ascolto dei genitori e dei loro difensori, tenuto
conto che, nel sistema processuale e pur con i limiti derivanti dal contenuto non probatorio
delle dichiarazioni, il contraddittorio costituisce principio cardine.
La questione è stata affrontata in modo diverso nei “protocolli” che sono stati elaborati
insieme da avvocati e magistrati a Milano e a Roma.
Il protocollo milanese, al fine di evitare condizionamenti del minore, dà indicazioni circa la
non opportunità della presenza delle parti e dei difensori che sono invitati a prestare
consenso a non assistere all’audizione, salva la preventiva indicazione al giudice dei temi e
argomenti sui quali ritengono opportuno sentire il minore 5.
Il protocollo romano prevede invece il diritto dei difensori (non delle parti) a presenziare
all’audizione, astenendosi però dall’interferire e mantenendo un comportamento silenzioso e
rispettoso della serenità e libertà di espressione del minore 6.
Gli avvocati esperti in diritto di famiglia si dividono nell’adesione all’una o all’altra delle linee
rappresentate nei due protocolli, non senza polemiche da parte di coloro che ritengono
contrario al principio del contraddittorio che l’audizione avvenga senza la loro presenza. In
alternativa è stato caldeggiato l’utilizzo dell’audizione protetta e videoregistrata, come
avviene nel processo penale per la testimonianza del minorenne vittima di reati sessuali.
Tale soluzione suscita tuttavia alcune perplessità.
La conoscenza integrale delle dichiarazioni del minore non sembra rivestire una rilevanza
processuale tale da renderla comunque necessaria: infatti esse non possono costituire
materiale probatorio e non possono essere oggetto di eventuali controdeduzioni difensive.
L’audizione del minore è volta solo a fornire elementi di conoscenza attinenti a lui stesso,
ulteriori rispetto a quelli acquisiti in contraddittorio, che consentano al giudice di meglio
valutare l’adeguatezza della decisione ai bisogni affettivo-relazionali di lui.
La piena disponibilità da parte dei genitori e dei loro difensori di quanto emerso nell’ascolto
potrebbe invece essere fortemente rischiosa per il figlio che potrebbe trovarsi sottoposto a
conflitti di lealtà con i genitori soprattutto nelle situazioni di grave contrasto tra di loro.
Sarebbe dunque consigliabile la massima prudenza nel “maneggiare” le dichiarazioni del
minore che spesso può parlare solo se sa che quel che dice non potrà essere utilizzato dai
genitori nel loro conflitto.
4 Sulla difficoltà ad esprimersi del bambino e adolescente coinvolto in procedure giudiziarie si veda A.M. Dell’Antonio,
Ascoltare il minore , cit., Cap.4°
5 Il protocollo milanese, promosso da avvocati del libero foro e aderenti ad associazioni specialistiche e da magistrati del
TO (sezioni specializzate) e del TM contiene indicazioni, di per sé non vincolanti, per garantire che l’audizione del minore
avvenga con modalità adeguate e rispettose della sua sensibilità per consentirgli di esprimere i propri bisogni e desideri.
Esso è reperibile in www.minoriefamiglia.it
66 Il protocollo romano, elaborato da alcuni membri dell’Ordine degli Avvocati e da alcuni giudici del solo TM, sottoscritto
dal Presidente del Consiglio dell’Ordine e del Tribunale Minorenni, è stato presentato al Convegno del giugno 2007
organizzato dalla Commissione Famiglia e Minori dell’Ordine degli Avvocati di Roma
5
Altro naturalmente è che quanto emerso nell’audizione, risultante da una sommaria
verbalizzazione, possa e debba formare oggetto di una “restituzione” ai genitori e ai loro
difensori da parte del giudice, finalizzata a far loro intendere meglio la posizione e i bisogni
del figlio.
Da quanto è emerso sinora, la prassi sembra orientata in questo senso.
b)L’ascolto del minore negli altri procedimenti civili
b.1 Procedimenti sulla potestà dei genitori
L’ascolto del minore non è esplicitamente previsto neppure dalle disposizioni processuali
introdotte nel 2001 ed entrate in vigore nel luglio 2007, che prevedono la difesa anche per il
minore (art.37 legge 149/2001 che integra l’art.336 CC)..
L’audizione del minore capace di discernimento si ritiene dovuto in base alla Convenzione di
Strasburgo e non può considerarsi superato dalla presenza di un suo rappresentante.
A questo proposito è stato rilevato criticamente che il rivoluzionario principio dell’ascolto del
minore capace di discernimento risulta attenuato, nella stessa Convenzione, dalla
contemporanea previsione della presenza di un rappresentante, che possa essere tramite
della “voce del minore” 7.
E’ stata anche criticata la previsione, nella nostra legge, di un difensore del minore, che
induce a ritenere che il minore sia parte nel procedimento.
Si è osservato che nei procedimenti di potestà il minore non può essere considerato parte in
causa perché è “la causa stessa in senso giuridico del processo: la sua tutela dal pregiudizio
al diritto all’educazione ne è il fine, lo scopo tipico….Il minore non può essere parte perché è
tutto, perché è il titolare del bene giuridico sovraordinato agli altri interessi in causa”8 In
quanto soggetto titolare di diritti e interessi considerati prevalenti su quelli di ogni altro
soggetto coinvolto, il minore si trova in una posizione “super partes”9
L’obiter dictum della Corte Costituzionale (sent.n.1/2002) che definisce il minore parte
processuale, desumendo tale qualifica dall’art.12 della Convenzione ONU sui diritti del
fanciullo nonché dalle norme processuali della legge 149/2001 che prevedono la difesa
anche per il minore, lascia quindi molto perplessi poiché rimanda ad una concezione del
processo contenzioso, tra parti contrapposte in posizione di parità, trascurando di
approfondire le caratteristiche proprie della giustizia minorile la cui ragione d’essere è invece
“la salvaguardia e la tutela dei soggetti deboli”10.
Se dunque non può ritenersi che il minore sia parte nei giudizi sulla potestà dei genitori, la
rilevanza processuale della sua audizione deve essere valutata sulla base delle
considerazioni sopra svolte a proposito dei giudizi separativi; le conclusioni là esposte, circa
la partecipazione di genitori e difensori agli incombenti e la disponibilità integrale delle
dichiarazioni rese dal minore, possono ritenersi valide anche qui.
7 Si veda in proposito G.C.Turri “Ascolto, rappresentanza, difesa del minore in giudizio in quanto parte” in
www.minoriefamiglia.it
8 Cfr. G.CF. Turri, cit.
9 Cfr. sul punto : M.F.Pricoco :”La difesa tecnica nei giudizi minorili alla luce dell’entrata in vigore delle norme processuali
della legge 149/01” in www.minoriefamiglia.it
10 Cfr. M.F.Pricoco, cit.
6
b.2. Procedimenti di adottabilità
Nei procedimenti di adottabilità e di adozione la legge 184/1983 come modificata dalla 149/2001,
prevede che il minore deve essere sentito quando ha compiuto 12 anni, o anche meno se ha capacità di
discernimento,
· per l’affidamento familiare (art.4, 1° e 4° comma)
· per l’esame collegiale dei provvedimenti monocratici urgenti (art.10, 5° comma)
· per l’affidamento preadottivo (art.22, 6° comma) e per la sua revoca (art.23)
· per la pronuncia di adozione (art.7, 3° comma e art. 25)
· quando ha compiuto i 14 anni è previsto il suo consenso all’affidamento preadottivo e
all’adozione
Il secondo punto costituisce una novità rispetto all’originaria legge 184/83 che non prevedeva l’ascolto
del minore nel corso del procedimento sommario per l’eventuale dichiarazione di adottabilità.
Con l’entrata in vigore delle norme processuali della legge 149/2001 il procedimento ha assunto
carattere contenzioso e addirittura si è prevista la difesa, anche d’ufficio, dei genitori a cui dovrebbe
contrapporsi la difesa tecnica del minore, non però altrettanto officiosa.
La normativa è apparsa subito frutto di scelte sommarie ed affrettate di un legislatore guidato da prese
di posizione ideologiche più che dalla consapevolezza dei problemi di principio che si volevano
affrontare; tale constatazione ha portato alla sospensione per sei anni dell’entrata in vigore, seguita
tuttavia nel 2007 in modo casuale, senza alcuna predisposizione di norme di attuazione.
La mancanza di precise disposizioni ha determinato incertezza nell’applicazione, rimessa a
interpretazioni spesso discordanti.
Anche per questi procedimenti ci si potrebbe chiedere se sia plausibile attribuire al minore la qualità di
parte, sebbene ciò sembrerebbe giustificato dal fatto che la dichiarazione di adattabilità comporta la
perdita dello status di figlio.
Anche per quanto riguarda l’ascolto del minore capace di discernimento valgono le precedenti
osservazioni.
b.3.Altri procedimenti avanti al TM e al GT
Nei procedimenti per il riconoscimento da parte del secondo genitore, per la dichiarazione giudiziale di
genitura e per la legittimazione del figlio naturale (art.250, 273, 284CC) se ha compiuto 16 anni il
figlio deve dare il suo consenso all’azione promossa dal genitore. La previsione era da sempre
contenuta nel Codice Civile .
Nel procedimento di sottrazione internazionale di minori la Convenzioni de L'Aja 20 maggio
1980, ratificata con legge n. 64/1994, prevede che l’autorità giudiziaria può rifiutarsi di ordinare il
ritorno del minore quando accerti “che egli si oppone al ritorno e che ha raggiunto un’età ed un grado
di maturità tali che sia opportuno tener conto del suo parere” (art.13).
In relazione a tale norma la giurisprudenza ha ritenuto che l’audizione del minore sia necessaria e
possa essere esclusa solo se il minore sia ritenuto dal giudice inidoneo a renderla, per ragioni di età o
stati psichici particolari oppure se il giudice valuti che la stessa audizione, per quanto protetta, possa
recare danni gravi alla serenità del minore 11.
11 Per questi motivi la Corte ha ritenuto che il Tribunale avesse violato la norma escludendo l’audizione di un ragazzo di 13
anni, ritenuto pienamente adeguato per intelligenza, risorse psichiche e maturità, al solo scopo di non gravarlo di una scelta
tra un genitore e l’altro (cfr. Cass.1^ sez. civ., ordinanza 3-16/4/2007,n.9094 in Famiglia e Diritto, n.7/2007, pag.741)
7
Nei procedimenti avanti al Giudice Tutelare il Codice Civile ha sempre previsto che il minore debba
essere sentito sulla scelta del tutore (art.348 CC) se ha almeno 16 anni e per le decisioni importanti
riguardanti la sua vita e collocazione, se ha almeno 10 anni (art.371 CC).
Del tutto particolare è la modalità di ascolto della minore nelle procedure di autorizzazione a decidere
senza l’intervento dei genitori prevista dall’art.12 legge 194/1978 sull’interruzione di gravidanza.
3) Le modalità dell’ascolto
L’ascolto dei ragazzi e dei bambini costituisce un’esperienza emotivamente complessa e difficile per i
giudici, ai quali si richiede un’attitudine relazionale e una capacità di decodifica dei messaggi verbali e
non verbali reciproci che percorrono ogni comunicazione umana ed in particolare quella in cui sono
coinvolti soggetti in condizioni non paritarie.
I giudici devono guardarsi da non pochi rischi, da quello (più evidente e quindi probabilmente più
controllabile) di chiedere, seppure implicitamene, al figlio la risposta risolutiva a questioni la cui
decisione spetta invece ai genitori ed allo stesso giudice, a quello (più subdolo) di assumere
atteggiamenti rigidi o al contrario collusivi con possibili risvolti seduttivi dell’interlocutore minorenne.
Le modalità psicologicamente corrette dell’ascolto sono state delineate in un assetto emotivo
dell’adulto “empatico e supportivo” fortemente rispettoso del minorenne ma “libero da affettuosità
dolciastre, infantilismi o seduzioni che possono indebolirlo e rendere più difficoltoso il suo
comunicare” 12
E’ stato osservato che: “perché si realizzi un ascolto autentico è necessario che l’adulto disponga della
capacità di ascoltare che presuppone l’integrazione della dimensione razionale e cognitiva con quella
emozionale…La risonanza emozionale che l’incontro con il bambino produce nel giudice deve essere
riconosciuta, compresa e correttamente gestita all’interno dell’interazione comunicativa. Solo la
consapevolezza di se stessi consente di interagire tenendo sotto controllo il rischio inevitabile di
proiezioni personali o di letture precostituite del reale che si sta osservando”13
Non si deve poi dimenticare che, nell’ambito giudiziario in cui è in gioco la conflittualità tra i genitori
o la valutazione della loro capacità affettiva ed educativa (procedimenti de potestate o di adottabilità),
al di là del messaggio espresso apertamente dal figlio bambino o adolescente, esiste un messaggio
“nascosto” che risulta emotivamente più pregnante e quindi molto più incidente sulla situazione
concreta, anche se spesso mal decodificato o trascurato dagli adulti con cui egli vive.
Ascoltare un minore significa anche porre attenzione a tutti i messaggi che gli provengono nel suo
contesto familiare o nei vari contesti in cui egli è inserito come la famiglia di origine, i nuclei
ricostituiti dei genitori separati, l’eventuale famiglia affidataria o comunità di accoglienza.
E’necessario ampliare il raggio di osservazione e d’azione dall’ascolto giudiziario del minore alla sua
posizione e ai suoi bisogni nell’ambito delle sue relazioni familiari poiché non si deve dimenticare mai
che le procedure minorili devono essere tese più che al giudizio sulle capacità dei genitori alla
valorizzazione delle loro risorse per garantire il diritto del minore a vivere e a sviluppare la propria
personalità nell’ambito della sua famiglia 14.
12 Cfr. “L’ascolto dei bambini” intervento della psicologa Dr Luisa della Rosa al convegno “I figli dei genitori separati”
organizzato dal CAM, Milano, 8/10/2005, atti in corso di pubblicazione
13 cfr.M.Persiani, psicoterapeuta, GO del TM di Roma, intervento all’incontro sulla giustizia minorile organizzato
dall’Istituto degli Innocenti, “La parola ai bambini” 29/4/2004)
14 Si veda in proposito : A.M.Dell’Antonio, Ascoltare il minore, cit.
8
Infine non basta che il minorenne trovi qualcuno (sia esso giudice togato o onorario o CTU) che sappia
ascoltarlo, ma sarebbe necessario che, in ambito giudiziario, venissero individuati un tempo e un luogo
adatti all’ascolto.
Difficilmente il luogo potrà essere l’ufficio giudiziario quand’anche il minorenne venisse ricevuto in
orari opportunamente distinti da quelli delle udienze ordinarie.
Come avviene nel caso di assunzione di testimonianza di minorenni vittime di reati (art. 398 CPP)
l’ascolto potrebbe svolgersi in luogo diverso, in strutture (consultori, servizi psicosociali) meno
rigidamente connotate come luogo del conflitto e perciò meno oggettivamente traumatiche per un
minore di quanto non possa essere un ufficio giudiziario, specie di grandi dimensioni, in cui
difficilmente potrebbero essere garantite condizioni di tranquillità e riservatezza.

103 comentários:

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good start

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molto intiresno, grazie

Anônimo disse...

imparato molto

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La ringrazio per Blog intiresny