XXVII CONVEGNO NAZIONALE AIMMF
"Il giusto proceso e la protezione del minore”
Brescia, 23-25 ottobre 2008
Gruppo di lavoro: La specializzazione del giudice minorile (a cura della dott.ssa P. Esposito e del dott. M. Termine)
La specializzazione del Giudice minorile: la prospettiva di un giudice onorario –
Michele Termine
Mi pare utile, prima di arrivare al punto della specializzazione del giudice minorile,
partire dalla “specialità” del processo minorile. Un processo diverso dai processi ordinari
perché diversi sono i protagonisti, le condizioni, gli scenari e perfino le finalità, per quanto
orientate da un comune ideale di ricerca di Giustizia.
Non si tratta, infatti, di sentenziare se una delle parti, pubbliche o private, chiamate
davanti ad un Giudice abbia o meno ragione rispetto all’altra. Nell’ambito civile ordinario
possiamo trovare due vicini di casa si contendono la legittimità o meno dell’usufrutto di una
parte del fabbricato; due ex-soci la congruità del valore della società; un cittadino può citare
una pubblica amministrazione per un diritto negato o viceversa essere chiamato a rispondere
per un dovere a cui esso si sarebbe sottratto. Questioni in cui la componente “oggettiva” è
prevalente, cioè far valere o meno diritti o titoli circa dei beni o valori, per lo più misurabili e
verificabili, abbastanza facilmente riconducibili in norme e codici. Parimenti nelle cause di
risarcimento di danni, si tratta di dimostrare se una determinata azione o comportamento ha
o non ha cagionato un danno, ed eventualmente quantificarlo nella misura del risarcimento
da disporre in favore del danneggiato.
Nell’ambito penale il processo è volto a stabilire se un fatto sussiste come reato: allora si
applica la relativa sanzione (pur tenendo conto di tutti gli elementi specifici connessi:
attenuanti o aggravanti). Altrimenti non può esservi condanna.
Nel processo minorile sono diversi gli attori. Il minore è al centro della scena, sia che si
tratti di imputato da sottoporre a giudizio per presunti reati, sia perché soggetto da proteggere
dall’incuria o dall’abbandono da parte di chi dovrebbe in primo luogo occuparsi di lui.
Attore diverso in quanto persona in età evolutiva, dove lo sviluppo psicofisico e la
strutturazione della personalità sono marcatamente da porre in relazione alle condizioni cui
esso viene a trovarsi fin dalla tenerissima età. Tutto questo il Legislatore lo ha considerato e
sancito con l’istituzione stessa del Tribunale per i Minorenni.
Si è voluto fin dal 1934 affidare al giudizio di un organo specializzato il minore autore
di reati, perché il giudizio tenesse in debito conto la maturità dello stesso in rapporto al reato
commesso (fermo restando la soglia di non imputabilità), introducendo degli istituti che
favorissero percorsi di sostegno e crescita, spezzando di non poco l’equazione reato =
sanzione tout-court.
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Giudicare tenendo conto della maturità del soggetto è una sfida certamente ambiziosa
e che necessita uno sforzo non indifferente, che mira ad andare al di là della mera
comprensione del fatto/reato.
Questo tribunale è stato investito anche di una serie di competenze civili riguardo la
tutela del minore dall’inadeguatezza o dall’abbandono delle figure parentali. Qui è la
genitorialità a finire sotto processo, e l’istruttoria si traduce inevitabilmente in un’analisi delle
relazioni intrafamiliari. E qui la differenza dal processo civile ordinario si fa ben marcata: se
gli elementi su cui basare un giudizio di limitazione o ablazione della potestà genitoriale sono
da ricercare nella comprensione della natura e del livello di sofferenza nel minore, e nella
qualità delle relazioni con gli adulti significativi, la specializzazione del giudice diventa una
necessità non derogabile.
Nel nostro paese la specializzazione del giudice minorile è stata voluta a partire dalla
particolare composizione mista del collegio giudicante, affiancando cioè a magistrati di
carriera il giudice onorario, che è “… un cittadino benemerito dell’assistenza sociale, scelto
tra i cultori di biologia, di psichiatria, di antropologia criminale, di pedagogia”. Questa scelta
ha determinato in questi settant’anni la nascita della cultura giuridica minorile così come la
conosciamo. L’inserimento nell’esercizio delle funzioni giudiziarie una figura nuova, un
cittadino benemerito dell’assistenza sociale, portatore di saperi diversi da quello del Diritto e
della giurisprudenza, si vuole concorra meglio all’identificazione della personalità del minore
e all’individuazione di soluzioni più adeguate per il suo interesse (che è prevalente rispetto a
quello degli adulti).
Richiamando la particolare immagine tracciata qualche anno fa da Luigi Fadiga,
questo lavorare fianco a fianco tra magistrati di carriera ed esperti di scienze umane e sociali,
ha finito per influenzare reciprocamente entrambi, “come tra due fratelli gemelli, che
crescendo insieme, intercorrono legami profondi, l’uno ha influenzato l’altro… “1.
La cultura giuridica nel nostro Paese deve molto a questa scelta fatta dal Legislatore
settant’anni fa, indipendentemente dalle ragioni che allora sottostavano ad essa. Se oggi in
Italia esiste un giudice specializzato, ciò lo si deve a questo processo di integrazione di
saperi diversi che ha saputo trovare delle sintesi e svolgere efficacemente il suo ruolo in
difesa dei minori. Oggi siamo qui sulla spinta propulsiva di questo processo di integrazione
tra saperi diversi, che tra le varie attività promuove momenti di approfondimento culturale
come questo congresso annuale.
Gli apporti della componente onoraria favoriscono la comprensione del livello di
pregiudizio o della condizione di abbandono di quel minore, perché i giudici onorari sono
portatori di competenze che mettono a disposizione nel processo di comprensione delle
specifiche situazioni. La complessità delle relazioni necessita chiavi di lettura ampie e non
facilmente riducibili entro categorie precostituite, e ogni caso è un unicum a sé. D’altro canto
le regole del processo minorile aiutano la comprensione dei fatti e delle situazioni: il genitore
può e deve essere messo nelle condizioni di spiegare le proprie ragioni e avanzare proposte,
il minore deve poter essere ascoltato (e non solo sentito). L’intervento degli operatori può
essere letto più ampiamente nel merito – ad esempio in rapporto all’adeguatezza
dell’intervento proposto nella specifica situazione - e un collegio misto è più legittimato e ha
più strumenti per farlo, come anche in rapporto a CTU eventualmente svolte.
L’intervento dell’avvocato – soprattutto quando anch’esso è specializzato – può
favorire la corretta comprensione delle varie istanze e talvolta facilita anche l’adesione da
parte dei genitori o degli altri adulti ai percorsi di valutazione e sostegno. Quest’ultimo aspetto
1 L. Fadiga Elogio del Giudice onorario scritto da un Giudice togato, Minori Giustizia 2004
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è fondamentale non solo nell’ambito del processo giurisdizionale vero e proprio, quanto
nell’ambito più vasto del processo di cambiamento che si tenta di attivare di fronte ad una
situazione di disagio o pregiudizio che investe un minore. Il processo giurisdizionale in sé
mira a rispondere ad una istanza (di parte pubblica o privata), ma accompagna una più
ampia spinta al cambiamento e alla rimozione delle condizioni di pregiudizio che coinvolge in
particolare i servizi di aiuto e gli operatori di territorio.
Mi sembra che l’apporto della componente onoraria sia utile anche nel favorire la
“permeabilità” tra territorio e realtà giudiziaria, perché un professionista benemerito
dell’assistenza sociale conosce (o dovrebbe conoscere) la natura e la qualità degli interventi
in concreto presenti nella propria realtà, ed è quanto mai opportuno che il minore oggetto di
un procedimento sia beneficiario di interventi veri che funzionano, più che di bei decreti che
in concreto non possono essere attuati.
Altro aspetto non meno importante che coopera alla specializzazione del giudice
minorile è dato dalla esclusività delle funzioni dei giudici togati che vi operano. Non vi è
dubbio che occuparsi “a tempo pieno” di un ambito così complesso, unitamente al confronto
ricorrente con la componente onoraria all’interno del medesimo ufficio implementa il livello di
specializzazione del magistrato.
Non si può tuttavia restare ancorati all’esistente, non considerando che negli ultimi
anni diverse cose sono cambiate. Ad esempio il notevole aumento di coppie di fatto, con
crescita conseguente di separazioni e quindi di procedimenti ex-art. 317 bis davanti ai
tribunali per i minorenni, ha posto in evidenza al giudice minorile la complessa questione
delle separazioni dei genitori, ancor più quando ciò è invischiata da elementi di contenzioso
economico e patrimoniale, fino a pochi mesi fa questioni intermente demandate al processo
ordinario. Parimenti è mutata la composizione sociale del territorio, in particolare nelle grandi
aree urbane, dove il rilevante aumento del numero di persone immigrate da culture assai
diverse aumenta il livello di complessità nella comprensione delle relazioni. Proviamo solo ad
immaginare com’è complessa la valutazione delle capacità genitoriali di nuclei provenienti
dall’Africa centrale o dall’estremo Oriente.
E’ anche mutato il quadro normativo, in particolare a seguito della recente entrata in
vigore della L. 149/01 nella parte relativa ai procedimenti minorili. La presenza dell’avvocato
nei procedimenti di adottabilità è adesso totale; sempre più frequente nei procedimenti
limitativi della potestà, in linea con il principio del “giusto processo” contemplato nell’art. 111
della Costituzione. La presenza dei giudici onorari – in particolare nello svolgimento di
pratiche istruttorie ad essi delegate – ha riscontrato diffuse perplessità o chiara contrarietà
dall’avvocatura. Peraltro è un chiaro dato di fatto che il carico di procedimenti – in particolare
in alcuni grossi uffici giudiziari – ha fatto si che l’apporto dei giudici onorari fosse
imprescindibile nello svolgimento di attività istruttoria.
Dal mio punto di vista sarebbe riduttivo se l’apporto della componente onoraria
venisse confinato all’interno della composizione dei collegi decisori, quindi nelle camere di
consiglio. E’ importante secondo me che i giudici onorari ascoltino direttamente anch’essi
tutte le persone coinvolte nella singola causa (non solo ascolto dei minori, come in qualche
ufficio si tende a fare). Perciò diventa necessario curare ancor più la formazione dei giudici
onorari, nell’apprendimento di quelle parti del Diritto necessarie allo svolgimento dei compiti e
nell’acquisizione di maggiore consapevolezza del ruolo che si assume. Questo richiede
impegno da chi è preposto ad offrire formazione, ma anche da parte del giudice onorario, che
dovrebbe avere voglia di apprendere e mettersi in gioco in un ruolo diverso da quello
specifico della propria professione.
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Un ultimo aspetto che vorrei segnalare è relativo alla temporaneità dell’incarico dei
giudici onorari minorili. Le ultime circolari del CSM hanno reso ancora più chiara la non
reiterabilità sine die dell’incarico, eliminando le discrezionalità del passato. La componente
onoraria non costituisce una carriera parallela a quella dei magistrati togati, bensì una
generosa disponibilità offerta alla Giustizia minorile di crescere nella diversità degli apporti e
delle esperienze. La “carriera parallela” non consentirebbe a mio avviso quella permeabilità
con le competenze che l’esperto impegnato nel territorio in una professione clinica,
pedagogica o sociale è portatore. Questo principio mi pare un aspetto qualificante da
salvaguardare.
Le opportune riforme che tutta la materia richiede, anche in ragione del novellato art.
111 della Costituzione e dei profondi cambiamenti intercorsi nella nostra società, non
possono essere disgiunti dal bisogno di specializzazione che l’approccio verso il “cittadino in
età evolutiva” richiede.
Michele Termine
Psicopedagogista, Giudice Onorario del
Tribunale per i Minorenni del Piemonte e Val D’Aosta
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